FURELOS E IL CRISTO DE LA MANO TENDIDA

 

I simboli spesso ci sorprendono, ci stimolano a riflettere e a ricercare il messaggio che intendono trasmettere, specialmente quando si tratta di segnali spirituali.

In Galizia, dopo aver superato Palas de Rei, si arriva a Furelos. Il villaggio ha origini antiche, è infatti registrato nei documenti del XII secolo e conserva parte della sua struttura medievale.

Vi si accede attraversando l’antico ponte a quattro arcate considerato uno dei gioielli dell’architettura civile sul Cammino, menzionato nel Codex calixtinus.
La chiesa di San Xoán de Furelos conserva solo parte della sua architettura romanica e più in particolare, la parete sud. L’altare principale della chiesa è in stile neoclassico con decorazione rococò e risale al XVIII secolo.

All’interno, sul lato destro, troviamo l’imponente pala d’altare neogotico con il Cristo de la mano tendida, opera di Manuel Cagide, nato a Furelos.

Secondo il parroco questa è l’unica scultura del Cristo con questa particolarità. In realtà, a parte le immagini rappresentanti la deposizione dalla croce, in Spagna ve ne sono almeno altre due: il Cristo de la Vega a Toledo e il Cristo de Fuentelcarnero a Zamora.
Il Cristo di Furelos ha però una sua peculiare espressività drammatica ed è quello che maggiormente si distacca dalla croce per tendere la mano.

Sono molte le interpretazioni e le leggende relative al Cristo de la mano tendida, ma la metafora che amo di più è l’idea che la sua mano destra, tesa verso il pellegrino, sia un invito a dare la mano alla speranza per ritrovare la forza e continuare il cammino, qualunque esso sia.

Racconta la leggenda: In una chiesa, un fedele aveva l’abitudine di confessarsi regolarmente al suo parroco.

Però, le sue confessioni sembravano (come d’altronde tutte le nostre) un po’ come un disco rotto: sempre le stesse cosine e sempre lo stesso peccato grave.

“Basta! – gli disse, un giorno, in tono severo il parroco – non devi più prendere in giro il Signore. È l’ultima volta che ti do I’assoluzione per questi peccati “. Ricordatelo bene!”

 Ma pochi giorni dopo, il penitente era di nuovo là a confessare le sue solite mancanze e il suo solito peccato grave. Il confessore perse davvero la pazienza, s’infuriò e gli disse:

“Ti avevo avvertito: non ti do l’assoluzione così imparerai…”

Profondamente avvilito e colmo di vergogna, il povero uomo si alzò in silenzio. Guardò il crocefisso che, appeso al muro, troneggiava sopra il confessionale e, proprio in quell’istante, lo vide animarsi e dire al sacerdote:

“Io ho dato la mia vita per questo mio figliolo, perciò se tu non lo assolvi, lo assolverò io”. Poi, con immenso stupore, lo vide staccare il braccio destro dal legno della croce e sollevarlo lentamente per tracciare nell’aria il segno dell’assoluzione dicendo: “Io ti assolvo da tutti i tuoi peccati, nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Da allora la mano è rimasta staccata dal chiodo della croce e pende verso il basso.