Viaggi, Cammini e storie

Una meraviglia sempre possibile

La meraviglia, invece, è sempre possibile, e ogni viaggiatore la trasforma in quello che meglio crede.

A me piace trasformare i miei cammini, i miei viaggi in storie, in parole, in visioni. E quindi camminare e scrivere diventano quasi la stessa attività. In entrambi i verbi sento di essere libero.

Qualche anno fa ho visto The way, in italiano Il Cammino per Santiago, è un film del 2010 scritto e diretto da Emilio Estevez uscito in Italia il 27 giugno 2012, tratto da una storia vera. Se dovessi scrivere un articolo su The Way, non so se farei la recensione di un film, di un libro o se scriverei di un viaggio. Forse dei tre approcci scelgo il terzo.

Thomas Avery è un’affermato oftalmologo statunitense che si reca in Francia in seguito alla morte del figlio, deceduto sui Pirenei durante una tormenta mentre stava percorrendo il Cammino di Santiago, la Via di pellegrinaggio verso la Cattedrale di Santiago de Compostela in Galizia, Spagna. L’idea iniziale di Tom è quella di riportare indietro le ceneri del figlio, ma poi decide di portarle con sé (in una scatola metallica) proseguendo il pellegrinaggio iniziato dal figlio; la sua intenzione diventa quindi quella di consentire al figlio di realizzare in qualche modo il suo desiderio di raggiungere Santiago e poi Finisterra.

Durante il viaggio a piedi, cosidetto Cammino, Tom incontra altri pellegrini da tutto il mondo e in particolare stringe amicizia con tre di loro: Joost da Amsterdam, Sarah dal Canada e Jack dall’Irlanda.

Al termine del viaggio Tom riesce a capire che cosa significhi essere un cittadino del mondo e scopre la differenza fra “la vita che viviamo e quella che scegliamo di vivere”.

Un viaggio in cerca di se stessi, di riparo e di umanità. In cerca della sopravvivenza e della vita stessa.

Ho iniziato la visione  con il pregiudizio di questa avventura, avevo letto qualcosa sulla trama attaverso il Web, che mi ha predisposto alla visione di un film grigio, ma interessante. Eppure il messaggio del film è per la vita, per la sopravvivenza ad ogni costo, anche contro l’inevitabile destino, per la ricerca del bene, di “quelli buoni” che si aiutano anche quando non si ha niente, ce ne sono, basta cercare.

Ho ancora chiari ricordi di alcune scene del film quando un povero ragazzino gitano gli ruba lo zaino e Tom non riuscendo a recuperarlo si dispera, soprattutto perchè vede sfumare il suo progetto del Cammino, cioè non riuscire a realizzare di portare fino a Santiago le ceneri del figlio. La mattina seguente, quanto Tom decide di tornare in America, si presenta il padre con il ragazzino gitano, porgono le loro scuse per la furbata del giovane e restituiscono lo zaino con tutto il contenuto al legitto proprietario e per di più c’è che il gitano invita Tom a cena a casa sua in segno di amicizia e per riparare l’accaduto incidente.

Anche se molti dei film recenti raccontano di disastri apocalittici, The Way cattura il realismo di un’introspezione del protagonista, combinando il proprio stile di vita possibile, con una delle caratteristiche umane più belle e profonde: l’amicizia, la fratellanza. Andare avanti nel Cammino verso ovest fino ad arrivare a mettersi in ginocchio al cospetto dell’Apostolo Giacomo il maggiore è continuare a vivere.

Il parallelismo appare scontato, ma un percorso tanto arduo non poteva che rappresentare la difficoltà della vita, da difendere fino all’ultimo, pur con la consapevolezza che è nostra libera scelta.

Dentro di te ci sono le idee, nascono dai sentimenti, dal tuo modo di essere e di vedere le cose. Quindi se è vero che ci sono delle regole standard su come raccontare una storia, è fondamentale scrivere quello senti ed io questo sento e questo scrivo.