Pensieri del prossimo Cammino (2018)

 

 Il pensiero va ai Pirenei, da attraversare nella prima tappa con notevoli dislivelli; alle relazioni con gli amici e con coloro che incontreremo sul percorso; alle motivazioni che con tanta forza ci spingono ancora nel tornare in quei luoghi.
Finalmente partiremo. Quando? A giugno 2018. Si, sappiamo già che le difficoltà non mancheranno e saranno di varia natura; comunque, le supereremo. Fin da ora, le motivazioni di Tatiana e mie si amplieranno, diverranno sempre più numerose e più nitide, come se dovessero uscire da una leggera foschia da troppo tempo tollerata. Giorno dopo giorno accrescerà in noi la percezione del Cammino e i nostri pensieri diverranno sempre più ansiosi.

Tutto ciò coltiva la nostra determinazione e ci fa capire perfettamente che questo è un cammino che impone un vigore di testa, di intelletto e di volontà, molto più che di gambe. Lo si capisce, mentre si salgono le prime montagne, che l’obiettivo vero è di scendere dentro noi stessi. Così, camminando ed elaborando i pensieri, ci si sente gratificati dal fine che ci è indicato e che ci si è proposti.

Non si tratta di appagare solo una passione ludica; non è un’impresa da cui le
nostre capacità fisiche dovranno trarre una gratificante soddisfazione. Sul Cammino ci sono quelle frecce gialle, ripetute, assidue, insistenti, dipinte su strade, muri di edifici e cippi di pietra, unitamente a quelle conchiglie stilizzate,
replicate come le frecce, sempre ad indicare con la loro onnipresenza non solo una via ma, soprattutto, un obiettivo.

È piacevole camminare, impegnarsi sul percorso, godere le bellezze dei luoghi ma quelle indicazioni costanti, quei segni precipui e inconfondibili del Cammino, a noi, forse a tutti, fanno scivolare l’animo e la mente, passo dopo passo, su riflessioni e interrogativi introspettivi insolitamente pungenti.
Cominci a considerare quelle frecce e quelle conchiglie non soltanto come un ausilio per seguire il giusto percorso, ma piuttosto come la rappresentazione di uno scopo e come l’indicazione di una via secolare che, fin da epoche passate e lontane nel tempo, veniva calcata, con fatica, pazienza e amore, da antichi pellegrini, sostenuti dalla volontà e dal desiderio di portare alla meta un sentimento di dedizione, per ricevere il dono della purificazione.
Nel mio cammino, osservando i pellegrini di oggi, su strade forse più agevoli e sicure di quelle di un tempo ma non di meno prova di generoso impegno, rimango sempre attratto dalla serenità che tutti mostrano di avere nel conseguire quello scopo comune, facendo risaltare, con evidenza, il senso di comunanza, di solidarietà e di allegria. Chiunque ti sorpassava pronuncia la stessa frase “Buen Camino” ed io rispondo “Egualmente”.

L’espressione della gaiezza, della letizia, della compiacenza di trovarsi nell’adempimento di un evento condiviso da tutti i partecipanti, sia pure con molteplici, diverse motivazioni, costituisce lo spirito di questo Cammino. Un Cammino assai singolare, dove si possono incontrare aderenti di ogni nazione: spagnoli, italiani, francesi, tedeschi, inglesi, australiani, canadesi, americani, sudamericani, coreani e altri provenienti anche da luoghi sorprendentemente lontani. È quasi impossibile superare qualcuno sul sentiero, o essere superati, senza scambiarsi un saluto, un incitamento o qualche parola che non manifesti la condivisione degli intenti, la nazionalità, le esperienze, gli auspici. Si parla, si fa qualche passo insieme, poi ci si saluta e ci si lascia. Il passo più o meno rapido ci divide e ognuno prosegue nella propria andatura. Ciascuno con il proprio pensiero, con le proprie riflessioni, con la necessità e il piacere di camminare anche in solitudine, contemplando lo splendore dei luoghi e cercando qualcosa in se stesso che, in qualche modo, in quello splendore, vi possa essere collocato. Poi succede che, dopo qualche chilometro, o la sera nell’ostello al termine della tappa, o addirittura qualche giorno dopo, capiti di incontrare di nuovo le persone già incontrate sul sentiero e con le quali avevamo condiviso un tratto di fatica. Allora è l’allegrezza che si esprime, si manifesta in tutti la spensieratezza di un piacere inaspettato, come se quelle persone, occasionalmente conosciute per pochi attimi, fossero vecchi amici, complici di tante imprese. E insieme ci si chiedono informazioni e notizie, esperienze e programmi, reciprocamente in lingue diverse, non conosciute ma esplicate con gesti, ammiccamenti e frasi ripetute e scandite, talvolta in tono più alto, come se la difficoltà d’intesa fosse la sordità dell’interlocutore. Ma tutto questo fa gioia, contentezza, amicizia e compartecipazione.