La leggenda dell’abate Virila

Il monaco Virila, nacque nei pressi del monastero di Leyre, vicino Pamplona, di cui divenne abate. Un giorno di primavera, il sant’uomo si avventurò nel bosco, leggendo un libro e riflettendo sull’eternità. Mentre si aggirava fra gli alberi, rimase affascinato dal canto di un usignolo e si trattenne ad ascoltarlo fino a cadere addormentato. Al suo risveglio, si avviò per tornare al monastero. Arrivando alla portineria, nessuno lo riconosceva, né si ricordava di lui.

Per dimostrare la propria identità, l’abate chiese di poter consultare gli archivi del monastero. Trovò documenti che testimoniavano l’esistenza di un abate Virila “…perso nel bosco” circa trecento anni prima. La notizia del miracolo si diffuse nel monastero e i monaci iniziarono a celebrare la loro gioia con un Te Deum: nel mezzo del canto, la volta della chiesa si aprì, lasciando entrare la voce di Dio che proclamò: “Virila, hai trascorso trecento anni ascoltando il canto di un usignolo e ti sono sembrati un solo istante. Le gioie dell’eternità sono molto più perfette”.

Sul concetto dell’eternità di Dio, una storia analoga viene raccontata anche a proposito di un monaco del convento di Samos, sul cammino di Santiago, poco prima di Sarria, un’altra è anche nota al di fuori del cammino. In Germania un atteggiamento del genere viene attribuito all’abate Erpho del convento di Siegburg.

I protagonisti erano comunque dei monaci che, sempre alle prese con il dubbio, un giorno caddero in uno stato di estasi che secondo loro era durato pochi minuti, mentre per il resto dell’umanità durò dei secoli. Alcuni vedono in queste leggende medioevali quasi un anticipazione della teoria della relatività.